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Angelo Moreschi, ricordando il rito che al 5 di gennaio si svolge a Andistra, frazione di Cevo, parla del “Badilisc” come di un serpente peloso, con una grossa testa, due enormi occhi ed una bocca gigantesca. Bocca dalla quale escono, dopo una processione che porta il “mostro” per le vie del paese, i fatti salienti dell’anno, offerti al pubblico ludibrio (il “discorso del Badilisc”).
G.P. Salvini (Giornale di Brescia) descrive il misterioso animale come “corto e tozzo come un salame, con o senza zampe” e ricorda come il suo sguardo incanti e il suo alito velenoso “strini” l’erba: “tutto l’aspetto fa raggrinzire la pelle, riduce i capelli irti come il riccio di un castagno”. Le denominazioni del Basilisco sono fra le più diverse: Bés fuì, Bés Galilì (in Franciacorta), Carbon (in Carnia), Talzelwurm o Stollwurm (in Austria e in Svizzera) e, in termini scientifici, “Eloderma europaeum”, parente dell’Eloderma sospectum, un lucertolone velenoso dei deserti americani, altrimenti chiamato Gila. Un nome, quello scientifico, che fu attribuito al Basilisco da uno zoologo austriaco, dopo che i giornali degli anni Trenta ne avevano parlato descrivendolo come lungo dai 50 ai 90 centimetri, con una coda corta e brevi zampe, tozzo, dal carattere aggressivo e dallo sguardo malevolo. Dell’animale si dovette interessare, ricorda il Salvini, anche il ministero dell’Agricoltura austriaco e nel testo di Willi Ley, “Leggende e storie di animali”, edito da Bompiani nel 1951 (la citazione è del Salvini) vengono riportate le testimonianze di chi il Basilisco lo avrebbe visto e fotografato per davvero.

Noi lo abbiamo fotografato; non dal vivo, ovviamente, ma così come appare in un’incisione antichissima, con tutta probabilità pre romana, che è stata raccolta nell’Ottocento a Cortinica (tra Vigolo e Tavernola Bergamasca) e incastonata nella parete della Cascina Copiana di Cortinica, dove ancora oggi fa bella mostra di sé.
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