Novembre 9, 2009
Nella descrizione della prima apparizione della Madonna d’Erbia, redatta dal parroco di Casnigo, Bernardo Donadoni ed edita nel 1929, si legge :”Una tradizione antichissima ha portato fino a noi il fatto seguente: Fino all’anno 1550 esisteva sul versante di sera del monte d’Erbia, una casa, di cui s’ignora il proprietario, costituita da una stalla sottoposta e dal fienile superiore, al quale si accedeva da mattina direttamente dal monte a mezzo di un piano formante parte di un sentiero consorziale che vi transitava. Nell’asportazione del muro laterale all’Immagine fatto di recente, si rinvennero gli avanzi corrosi dell’architrave di questo antico e primo ingresso al fienile. Sul fianco sinistro di questo medesimo ingresso, stava dipinta sul muro una Immagine rappresentante la Maternità di Maria Vergine che si constatò essere stata opera di quel pio e rinomato pittore di Clusone che fu Giacomo Brusca, nella metà del secolo antecedente, autore di molte altre Immagini, fra le quali quella che si venera nel vicino Santuario di Ponte Nossa. La gente che di là passava per recarsi a’ suoi svariati lavori sia in Erbia bassa, sia sulle cime di Erbia alta, rapita da una spiegata amabilità che traspariva del volto di quella benedetta Immagine, prese a salutarla, a pregarla, ad invocarla, e vedevasi ne’ suoi voti esaudita e nei bisogni soccorsa. Si sparse allora la fama che quella era un’immagine miracolosa, e come succede in tali casi, vi fu tosto un accorrere di gente numeroso e continuo. Se ne avvide e se ne impensierì il proprietario di quella stalla, e vedendo da quella frequenza venire danno a’ suoi raccolti , a’ suoi prati circostanti, pensò provvedere al suo interesse nel modo più strano, per non dire empio. Forse più volte ebbe prima di lottare con sé stesso, ebbe a respingere da sé la vile tentazione, ma finalmente la vinse il demone dell’interesse. Una sera, dei primi giorni di agosto del 1550, quando la notte stava per distendere il nero suo velo sulla intera natura, quel proprietario, armata la convulsa mano di una zappa campestre, coll’occhio livido e torvo, col cuore in grande burrasca, s’avvicina col piè tremante alla santa e venerata Immagine, che nella pacifica sua amabilità parea a lui dicesse: “amice ad quid venisti? Amico a che fare sei venuto?” non curando forse i clamori della moglie, lo stridore dei figli, che accortisi del truce disegno l’avevano seguito cercando invano di distoglierlo, mena sopra la santa Immagine colpi spessi e violenti così, che in breve tempo essa cede e cade sfracellata al suolo, lasciando ancora di sé sul muro alcune poche tracce, sfuggite, nella penombra, al cieco furore dell’incollerito villano… Quel Dio che fa tutto cooperare al bene …… dispose …. che ove era stata abbattuta la prima, una seconda Immagine apparisse, nel medesimo luogo, del medesimo soggetto, della medesima amabilità, e che la mattina seguente si vedesse integra e illesa dallo stesso proprietario con grande meraviglia e stupore suo e di quanti accorsero ad ammirare quella nuova apparizione. …… L’Immagine che oggi si venera in quel Santuario è precisamente quella che miracolosamente appariva la notte dell’Agosto 1550, e meno qualche avaria sofferta dalla luce, dall’inclemenza delle stagioni e dalle intemperie…..”.
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