Silvano Danesi

Novembre 10, 2009

Petta

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Il luogo si presenta, ad una prima osservazione, di interesse archeologico per la presenza di un altare Neolitico censito dall’archeologa Raffaella Poggiani Keller, per la presenza, sulla sommità del colle omonimo, dei resti di un possibile castelliere e per evidenze litiche, che ne indicano il possibile uso  antico come luogo di culto e di osservazione astronomica. Nella Carta archeologica della Lombardia (provincia di Bergamo, pagina 59), in relazione a  Monte Petta o Bracc, Raffaella Poggiani Keller scrive: “Un insediamento pre-protostorico, indicato da frammenti ceramici rinvenuti in superficie, è stato individuato nel 1984 in località Petta o Bracc, un cucuzzolo isolato dominante la sponda idrografica sinistra del fiume Serio, a quota 684 m.s.l.m. L’insediamento comportò un adattamento della sommità del rilievo che fu spianato artificialmente e arginato con muri a secco e terrazzamento. L’epoca di frequentazione potrebbe risalire, con molte incertezze, all’età del Bronzo. Nella località si osservano, inoltre, incisioni rupestri  di epoca storica su blocchi utilizzati in costruzioni agricole” (Relazione di Raffaella Poggiani Keller, 1984).  La sommità del colle 684 metri s.l.m.) è allineata alla chiesa della Trinità di Casnigo (689 m.s.l.m.) e al santuario di San Patrizio  di Colzate (674 m.s.l.m.).  Riguardo al toponimo, possiamo per ora ipotizzare due derivazioni.  La prima riguarda la radice *pete- che indica sia direzione di marcia verso un luogo o persona, sia movimento nell’aria, come volare o cadere. Latino petitio, dal verbo petere –Greco píptein (cadere), péptomai (io volo)Sanscrito patami (io volo, io cado) Peta era la divinità romana alla quale era chiesto il modo di rivolgersi agli dèi per avere il loro aiuto.  Petitio (petizione) ha il significato di:

  • attacco, colpo, assalto, stoccata;
  • domanda, richiesta, preghiera, supplica;
  • cercare di giungere a
  • candidatura;
  • petizione;
  • riscossione

 Il termine è di origine indoeuropea.   Dall’insieme dei significati si può ipotizzare:

  1. che il luogo conducesse a un altro (Erbia), nel senso che ne costituisse una tappa verso;
  2. che nel luogo indicato si tenessero riti propiziatori prima di salire al luogo dove poteva esserci il santuario vero e proprio o un luogo dedicato a una o più divinità;
  3. che il luogo fosse dedicato alla dèa Peta.

 Da tutti e tre i casi emergerebbe l’indicazione di un luogo propedeutico, che ne preparava e indicava un altro. Il luogo potrebbe dunque essere una tappa di un percorso antico.   La seconda derivazione riguarda la dèa Perchta, la “Signora del gioco”.  Peta, in questo caso, deriverebbe dalla corrosione di Perchta (ritroviamo anche qui Diana in altra forma).  Siamo in presenza del mito dei viaggi notturni delle schiere di donne guidate  da Abundia-Satia-Diana-Perchta, e quindi della caccia selvaggia o esercito furioso di odinica memoria.Peta è, con tutta probabilità, la “Signora del gioco”, divinità norrena (Percht, detta anche Holda, Oriente, Berthe), associata a Diana e dèa della fertilità e della vegetazione. “Va considerata la possibilità che questa divinità, della quale la domina ludi era una delle molte personificazioni, condividesse con Thor (divinità norrena e celtica, n.d.a.) il potere di richiamare in vita gli animali, così come pare condividesse con Odino la funzione di guida dell’esercito furioso”.[i] La compagnia ricorda quella dei Benandanti (maghi e stregoni) friulani, dei quali ha scritto Carlo Ginzburg[ii], combattenti per la fertilità, trasformati in professionisti nelle arti magiche. Alla compagnia è connessa la domina cursus, “che nella tradizione demonologica comandava le orde stregonesche lanciate nella corsa verso il sabba”. [iii] “La caccia selvaggia è un mito in cui sono presenti demoni, figure ibride di animali: una forsennata e temuta orda notturna, in cui si riflettono molti elementi del corteo in volo al sabba, amalgamata al mito del corteo degli spettri”. [iv]A questo proposito, intorno all’anno mille, Bucardo di Worms, nel De inantatoribus et auguris e nel De poenintentia “descrive molti culti pagani sopravvissuti e in particolare cita le cavalcate notturne delle streghe per il cielo in compagnia di Diana”.[v]La Signora del gioco, “nella tradizione della stregoneria, era colei che aveva il compito di dirigere e coordinare le donne datesi a Satana e riunitesi nel sabbaSi tratta di tradizioni religiose precristiane connesse ai culti stagionali”. [vi]Queste le interpretazioni demonizzanti le antiche divinità e i seguaci dell’Antica Religione. Chi erano le streghe?Ostetriche, guaritrici, erboriste, legate all’Antica Religione della Dèa Madre e del Dio Cornuto, il Kernunnos, le streghe (maschi e femmine), non erano altro che uomini e donne che praticavano culti antichi, ovvero pagani, in epoca cristiana. Margarete A. Murray ci suggerisce una chiave di lettura assai importante: le congreghe. Le congreghe di streghe, che la Murray sostiene essere il “clero” dell’Antica Religione, erano composte di un numero che non variava mai: erano sempre in 13, cioè dodici membri e il “dio”, rappresentato dal capo della congrega, affiancato da un vicario e da un membro femminile denominato la “Fanciulla”. “L’organizzazione  - scrive la Murray – era davvero perfetta; ogni congrega era indipendente sotto il proprio vicario e tuttavia era collegata con tutte le altre congreghe del distretto sotto un unico Gran Maestro”.Va da sé che, poiché le streghe sono durate secoli dopo l’avvento del cristianesimo, l’Antica Religione è sopravvissuta, in forme occulte, fino alle soglie dei nostri giorni.   Molte le leggende legate alla Signora del gioco presenti in ambiente alpino.   “Tra Cevo e Saviore [Valle Camonica] – scrive Daniela Rossi - al Bàit dei Sàncc (Fienile dei Santi), di notte si sente la Dòna del zöck, la Signora del gioco, residuo di antiche divinità pagane, forse una volgarizzazione di Erodiade o Diana; tale entità è citata nel Canon Episcopi, apportatrice di danni e paure. Secondo la tradizione saviorese, in questo fienile ridde di demoni d’ogni sorta intessevano danze sabbatiche: talvolta i giovani del paese venivano invitati a festeggiare da avvenenti creature, che rivelavano poi la loro natura, mostrando ripugnanti piedi di capra. Chi osasse avvicinarsi vedrebbe “un lume in basso quando si trova in alto, in alto quando si trova in basso”. Quando la Dòna del zöck giungeva nei pressi di baite isolate, faceva impazzire gli animali, graffiava porte e finestre, lasciava i prati ricoperti d’escrementi; si potevano vedere i segni della stregoneria sugli animali (come i crini intrecciati dei cavalli) che di lì a poco sarebbero morti.[vii] Si narra che nella malga di Adamè, proprietà dei vicini di Grevo, ma territorio comunale di Saviore, a mezzanotte in punto entra per la porta una vecchia signora (colei che lasciò l’eredità ai Grevesi), la quale fa girare la caldaia sul perno e poi si ritira. Nessuno ha mai osato interrogarla. In un bait tra Cevo e Saviore abita una strega fantastica, chiamata La donna del giuoco. Dalla baita si udrebbero uscire canti, urli, suoni come durante una giostra e chi osasse avvicinarsi vedrebbe un lume in basso quando si trova in alto; in alto quando si trova in basso. A queste leggende si collega, in gran parte spiegandole, quella della Pitachina, narrata dalla madre di Lorenzo Cervelli[viii] con una filastrocca. “Quanche la cumpagnia la rua al dos de Re la “Pitachina” la alsa so al pè; quanche la cumpagnia la rua al dos de Brata la “Pitachina” la ghigna che la crapa; quanche la cumpagnia la rua al dos de la Roca la “Pitachina” la sa copa”.Quando la compagnia arriva al dos del Re, la Pitachina alza il piede. Quando la compagnia arriva al dos de Brata, la Pitachina ride a crepapelle. Quando la compagnia arriva al dos della Roca, la Pitachina si uccide. La Pitachina, secondo la leggenda, era una strega che arrivava da Andrista con la “compagnia” e si dirigeva verso il Dos Merlino, passando dal Dos del Re, località tra Fresine e Zimilina di Cevo, dove in inverno le donne di Fresine venivano e vengono tuttora a scaldarsi al sole (a Fresine il sole non arriva da fine ottobre al 13 gennaio). Il Dos de Brata è il dosso Merlino. Quando la Pitachina arrivava sul Dos de la Roca (posto sul crinale tra Cevo e Sonico) la Pitachina si uccideva. [ix]    Pietre della fertilità  In località Peta troviamo molti reperti megalitici, tra i quali le pietre o scivoli della fertilità. “Le pietre della Madre Terra dotate del potere di concedere la fertilità alle donne sterili hanno una superficie levigata. In Germania e nei paesi scandinavi una pietra piatta con le superfici levigate è chiamata Brautstain, o pietra della sposa. Le giovani spose vi si sedevano sopra o vi si strusciavano per avere fertilità. La glissade, “scivolata” in francese, praticata segretamente in Francia nel XVIII e XIX secolo, richiedeva il contatto delle parti posteriori con la pietra. Le pietre inclinate si prestano meglio a questo scopo. La continua ripetizione della cerimonia da parte di numerose generazioni ne ha levigato le superfici”. [x] 





[i] Massimo Centini, Le bestie del diavolo, Gli animali e la stregoneria tra fonti storiche e folklore, Rusconi, Milano, 1998[ii] Carlo Ginzburg, I Beneandanti, Einaudi [iii] Massimo Centini, Le bestie del diavolo, Gli animali e la stregoneria tra fonti storiche e folklore, Rusconi, Milano, 1998 [iv] Massimo Centini, Le bestie del diavolo, Gli animali e la stregoneria tra fonti storiche e folklore, Rusconi, Milano, 1998 [v] Laura Rangoni, Le fate, Xenia[vi] Massimo Centini, Le bestie del diavolo, Gli animali e la stregoneria tra fonti storiche e folklore, Rusconi, Milano, 1998 [vii] Daniela Rossi,

[viii] Autore con Silvano Danesi de: “Il canto della roccia”, Edizioni Clanto, Brescia, 2007

[ix] Citazioni tratte da: Silvano Danesi – Lorenzo Cervelli , Il canto della roccia, edizioni Clanto, Brescia 2007 [x] M.Gimbutas, Il linguaggio della Dèa, Venexia.  

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