Il sito archeologico di Cevo
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Nel territorio del Comune di Cevo, in Val Saviore, provincia di Brescia, Italia, un gruppo amatoriale di ricerca ha identificato un ampio sito archeologico costituito da:
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Da uno studio eseguito al Cad della disposizione dei resti dei cerchi è risultato che le pietre formano tre cerchi e una spirale sinistrorsa. Inoltre leggende locali e festività dal retroterra pagano, ancora vive, lasciano pensare ad un antico culto legato al serpente. Da qui la necessità di rendere noto il ritrovamento, con tutta la cautela che contrassegna l’operato di chi ha lavorato con intenti amatoriali, per consentire, a chi ne avesse l’interesse e l’intenzione, di approfondire la conoscenza del luogo e delle sue potenzialità archeologiche ed antropologiche. |
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Il colle dell’Androla |
Il colle dell’Androla si presenta, da molti punti di vista, come un probabile luogo di culto e di osservazione astronomica. Gli indizi che suffragano tale ipotesi sono molteplici, a cominciare dalla collocazione geografica. Il colle è infatti in una posizione tale da consentire, a chi si ponga sulla sua sommità, di dominare la valle e di avere a propria disposizione la vista a 360 gradi di tutte le montagne circostanti. Questo fatto, oltre a farne un naturale punto di osservazione a scopi difensivi, ne consente l’utilizzo a fini astronomici (riferimenti solari, lunari, stellari). In questa direzione è andata la nostra prima osservazione, tesa a identificare eventuali segni rivelatori della presenza di traguardi utilizzabili al fine della determinazione del tempo, delle stagioni, dei movimenti della volta celeste. L’esistenza di possibili resti di massi allineati in forma circolare è già desumibile dalla fotografia aerea del colle e viene ulteriormente confermata da una prima e sommaria prospezione della zona circostante la chiesetta edificata sulla sommità dell’Androla. Sulla sommità del colle è visibile una pietra tallonare dal perfetto allineamento a Sud e a Est-Ovest. La pietra è di forma triangolare (tetraedrica). La stessa chiesetta è testimonianza indiretta dell’antico uso del colle dell’Androla come osservatorio. La parte più antica dell’edificio è infatti una costruzione a base quadrata, con quattro aperture allineate ai quattro punti cardinali. La chiesetta, inoltre, introduce all’uso cultuale antico dell’Androla. La prima parte dell’edificio, infatti, è stata costruita laddove le credenze locali indicano il luogo di raduno delle streghe. Scrive in proposito D.A.Morandini: “Una antica tradizione dice che vi esistessero, sotto la Cappella dell’Androla, delle cave di rame, chiamate ramine. |
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La Cappella dell’Androla è forse il miglior belvedere di tutta la Valle Camonica. Esaurite ed abbandonate le cave di rame rimasero le gallerie profonde e paurose. Ebbene: quel popolo che immaginò un serpente dall’anello d’oro, a cui nessuno osò mai avvicinarsi perché annientava collo sguardo, popolò anche quelle gallerie di streghe. Queste fantastiche creature paurose, durante l’infuriare dei temporali, uscivano dai loro domini sotterranei e ballavano sotto le intemperie, sui prati dell’Androla le più strane ridde infernali”. Dal racconto del Morandini si evincono tre elementi importanti: l’esistenza di cave di rame, il riferimento ad un “popolo del serpente” e la presenza delle streghe. Cave di rame e streghe che ballavano durante “l’infuriare dei temporali” potrebbero essere connesse, in quanto, secondo testimonianze orali attuali, ancora oggi il Colle dell’Androla è spesso colpito da numerosi fulmini. Il fatto che il colle attiri i fulmini (le streghe che ballano?) è evidentemente in relazione con la presenza di cave o miniere di minerale metallico (attestate da numerosi studi. Riguardo alla presenza di cerchi di pietre, sin dalla più remota antichità, in varie parti del mondo, Colin Wilson, riporta il parere dell’archeologo Lethbridge, secondo il quale, “la magia era il grande scopo da realizzare tramite il rituale delle streghe, ed il loro modo per conseguirlo ed era il semplice espediente di ricorrere all’eccitazione collettiva. I cerchi di pietre sulle nostre colline e le danze frenetiche delle streghe avevano questo grande scopo. Era così in tutto il mondo antico. Il potere magico, almeno così si credeva, era generato da queste danze, e veniva contenuto e diretto verso il suo obiettivo da cerchi di pietre, sistemati in modo che il potere non si disperde esse nella campagna “. Il nome Androla, potrebbe derivare da antrum, antro, cavità o grotta. La derivazione da antrum, antro, riguarderebbe anche Andrista, il paese che sta al di sotto dell’Androla e che è raggiungibile dal colle attraverso un sentiero scosceso che passa per le cave o miniere abitate dalle streghe. Andrista = Antrum istum = questa cavità Androla = Antrum illum = quella cavità. Le streghe custodivano, secondo la tradizione, il serpente dall’anello d’oro nelle grotte dell’Androla e il serpente è un elemento di grande importanza per lo studio delle tradizioni locali e per l’identificazione dei possibili culti antichi. Ad Andrista, ad esempio, è ancora viva la tradizione del Basilisc.
La tradizione del Basilisc |
A gennaio, secondo le tradizioni, nelle valli e nelle campagne bresciane, in modo particolare in Val Saviore e in Franciacorta, si fa vivo il Basilisco, un serpente che la leggenda vuole di aspetto tozzo, munito di corna di mucca e con il capo di pelle di capra, nato da un uovo deposto da un vecchio gallo e covato da un rospo velenoso. Il Cernunno è associato con molti animali, ma in particolare con il toro e con il cervo ed è come il mitico serpente dalla testa di montone (capra - ariete). Di solito il Cernunno è rappresentato con corna di cervo, accompagnato da un serpente con la testa d’ariete. In alcune raffigurazioni il Basilisco ha una testa di gallo e una coda di serpente. Nei bestiari medievali il Basilisco (da basilìskos, piccolo re - il re dei serpenti) compare come un serpente coronato, ossequiato dai suoi sudditi. Tuttavia alcune interpretazioni vogliono il serpente cornuto come simbolo della lussuria, tant’è che nel 1400 la lue veniva chiamata il “morbo del basilisco”. In Val Saviore rimane il ricordo di antichi riti pagani del “divin biscio” e a Cevo si conserva memoria di una leggenda che vorrebbe il “serpente dell’anello” custodito in un antro da una genìa di streghe. Angelo Moreschi, ricordando il rito che al 5 di gennaio si svolge a Andistra, frazione di Cevo, parla del “Badilisc” come di un serpente peloso, con una grossa testa, due enormi occhi ed una bocca gigantesca. Bocca dalla quale escono, dopo una processione che porta il “mostro” per le vie del paese, i fatti salienti dell’anno, offerti al pubblico ludibrio (il “discorso del Badilisc”). G.P. Salvini (Giornale di Brescia) descrive il misterioso animale come “corto e tozzo come un salame, con o senza zampe” e ricorda come il suo sguardo incanti e il suo alito velenoso “strini” l’erba: “tutto l’aspetto fa raggrinzire la pelle, riduce i capelli irti come il riccio di un castagno”. Se il serpente-drago ha la testa d’ariete con le corna di mucca, ciò potrebbe significare che la leggenda è stata creata per indicare che il tempo a cui si riferisce è quello nel quale la testa del Drago (equinozio di primavera) è simile all’Ariete (Era dell’Ariete) quando questo aveva ancora le corna di mucca (toro), Era del Toro. Quindi un periodo vicino al passaggio recente (o in atto) dall’epoca del Toro a quella dell’Ariete. L’epoca in questione è 2220 a.C. (Toro dal 4.380 a.C. al 2220 a.C. e Ariete dal 2220 a.C. al 60 a.C.). Si è poi entrati nell’era dei Pesci (attuale) dalla quale stiamo uscendo per entrare in quella dell’Acquario. Il periodo in questione è di transizione tra ere.
Le denominazioni del Basilisco sono fra le più diverse: Bés fuì, Bés Galilì (in Franciacorta), Carbon (in Carnia), Talzelwurm o Stollwurm (in Austria e in Svizzera) e, in termini scientifici, “Eloderma europaeum”, parente dell’Eloderma sospectum, un lucertolone velenoso dei deserti americani, altrimenti chiamato Gila. Un nome, quello scientifico, che fu attribuito al Basilisco da uno zoologo austriaco, dopo che i giornali degli anni Trenta ne avevano parlato descrivendolo come lungo dai 50 ai 90 centimetri, con una coda corta e brevi zampe, tozzo, dal carattere aggressivo e dallo sguardo malevolo. Dell’animale si dovette interessare, ricorda il Salvini, anche il ministero dell’Agricoltura austriaco e nel testo di Willi Ley, “Leggende e storie di animali”, edito da Bompiani nel 1951 (la citazione è del Salvini) vengono riportate le testimonianze di chi il Basilisco lo avrebbe visto e fotografato per davvero. Del Basilisco si parla anche nel terzo numero di “Brescia rivista”, il mensile diretto da Carlo Agarotti per i tipi dell’editrice Rothari di Leno. In questo caso al serpente si associa la Bissaboga (strada curvata) e il Besolà (da cui ‘mbesolat, attorciliato) o Bossolà, un dolce noto sulle tavole dei bresciani.
Il culto del serpente |
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Al serpente dell’anello d’oro, custodito dalle streghe sotto il Colle dell’Androla, si associa il serpente della “preda” (della pietra), visibile, secondo la tradizione, tra i boschi che stanno dirimpetto alla località Molinello dove è stata rinvenuta la testimonianza di un insediamento probabilmente adibito a culto e a osservazione stellare. Il culto del serpente è probabilmente da ascrivere all’influenza celtica, come del resto dimostra anche un graffito in località Naquane che raffigura il dio Cernunno con accanto un serpente e con un torquis appeso al braccio destro. Il graffito è attribuito da E.Anati ad un periodo che va dal 1100 al 16 avanti Cristo (ultimo periodo di produzione dei graffiti camuni). Il Cernunnos camuno è il celtico Lug, il luminoso, il quale, nella Caldaia di Gundestrup viene raffigurato con le corna di cervo, un torquis nella mano destra (l’anello della tradizione?) e un serpente nella mano sinistra. L’influenza celtica è del resto testimoniata anche da graffiti riproducenti il carro a quattro ruote e datati anch’essi da Anati nell’ultimo periodo di produzione camuna (all’incirca dopo il 1000 a.C.). |
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Le tradizioni legate al serpente richiamano, come abbiamo visto, il Cernunnos ed è, questo, un aspetto di grande importanza e da approfondire, in quanto legato alla civiltà celtica. Il richiamo al serpente, tuttavia, può avere riferimenti stellari di particolare interesse per gli allineamenti dei cerchi megalitici. Il simbolismo zodiacale, se correttamente inteso, dovrebbe basarsi non su 12 ma su 13 segni. L’eclittica infatti, dopo la Bilancia entra nello Scorpione, che occupa pochissimi gradi (241-248) e, successivamente, in Ofiuco, che occupa dai 248 ai 266 gradi. Dopo Ofiuco sopravviene il Sagittario. La costellazione dell’Ofiuco, associata a quella del Serpente, viene rappresentata nelle sembianza di un uomo che tiene fra le mani un serpente e talvolta è anche avvolto nelle sue spire. Il nome deriva dal greco ofiukos, ossia “colui che tiene il serpente”. Nel periodo che intercorre tra novembre e gennaio l’Ofiuco è particolarmente evidente nel cielo a Est, prima della levata del sole. Non è improbabile, pertanto, che “colui che tiene il serpente”, ossia il Cernunno, fosse identificato con l’Ofiuco. Se osserviamo il cielo del 1998, vediamo che il sole sorge (alle 7.40) per la prima volta in Ofiuco, abbandonando lo Scorpione, il 1° dicembre e sorge per l’ultima volta in Ofiuco (alle 7.55) il 18 dicembre. Il giorno dopo, 19 dicembre, il sole sorge in Sagittario. Nel 1998, dunque, il periodo interessato alla presenza dell’Ofiuco come riferimento per la levata del sole va dal 1° al 18 dicembre. Facciamo ora un salto all’indietro nel tempo e arriviamo al 500 a.C., un periodo nel quale i Celti presenti a Cevo potevano osservare il cielo tramite i traguardi megalitici. Il sole sorgeva alle 6.50 in Ofiuco il 1° novembre abbandonando lo Scorpione, nel quale aveva soggiornato fino al 31 ottobre. In Ofiuco il sole rimaneva fino al 18 novembre (quando sorgeva alle 7.15), per passare, il 19 novembre, nel segno del Sagittario. Il periodo interessato alla presenza di Ofiuco nel 500 a.C. era dunque quello che intercorre tra il 1° e il 18 novembre. Festività legate al serpente, pertanto, avrebbero con tutta probabilità potuto essere collocate nel periodo 1° novembre - 18 novembre (oggi 1° dicembre - 18 dicembre). Un periodo nel quale c’era il capodanno celtico che iniziava a Samain (levata eliaca di Antares e posizione particolare della luna) e nel quale era possibile il contatto tra il mondo umano e quello divino. Il periodo era dedicata a Lug nella sua accezione di Cernunno e alla dea Morrigan.
I Celti a Cevo |
I Celti erano stabilmente stanziati nella valle del Po prima dell’inizio del IV secolo a.C. e secondo Livio vi giunsero all’epoca di Lucio Tarquinio il Superbo, che governò Roma dal 534 al 508. Alcuni studiosi come Alexandre Bertrand, come ricorda Peter Berreford Ellis , retrodatano la loro discesa nell’Italia settentrionale agli anni attorno al 1000 a.C. Lo stesso Livio del resto scrive che “essi [i Celti] attraversarono le Alpi passando per la terra dei Taurini e per la valle della Dora Baltea, sconfissero gli Etruschi presso il Ticino. E sentendo che il luogo in cui si erano fermati era detto Piana degli Insubri, ossia che aveva lo stesso nome di una sottotribù degli Edui, videro in ciò un presagio che assecondarono, e fondarono lì una città”. Il riferimento agli Insubri fa pensare che durante la conquista di Belloveso e di Elitovio i Celti avessero incontrato insediamenti precedenti di popolazioni celtiche. Popolazioni che, come sostiene A.Bertrand (La religion des Goulois) si erano sovrapposte ai popoli megalitici attraverso una graduale unificazione. Se così fosse i Celti presenti in Italia prima della conquista di Belloveso potrebbero appartenere alla cultura dei Campi di Urne, ossia di genti dedite all’agricoltura, che vivevano in piccole comunità e che erano abili nella lavorazione del bronzo e, verso la fine, del ferro. In molti luoghi vivevano su alture fortificate e usavano seppellire i morti cremandoli e deponendo le ceneri in urne di argilla. Nell’VIII secolo a.C. l’evoluzione della lavorazione del ferro mise i Celti in grado di fabbricare pregevoli asce, falci e altri attrezzi per mezzo dei quali lavorarono il terreno con relativa facilità. Cevo, da questo punto di vista, rappresenta un luogo particolarmente indicato per un insediamento. Dal Colle dell’Androla si domina la Valle Camonica e la Val Saviore appare particolarmente difendibile. A monte e a valle di Cevo si trovano miniere di minerali ricchi di ferro e il Colle dell’Androla nasconde miniere di rame. La zona ha, nel contesto, un clima particolarmente mite e i pendii che guardano a Sud sono quasi sempre esposti al sole. La località Molinello e quelle adiacenti sono fertili e hanno consentito, sino in tempi recenti, la coltivazione di frumento, segala, orzo, e l’allevamento degli animali. E’ quindi pensabile che l’antico “popolo del serpente” in Val Saviore si sia trovato particolarmente a suo agio. La località Molinello, anche in tempi recenti, era meta di annuali rogazioni che si snodavano per la viasa üsca. Le tradizioni rituali cristiane si sono spesso sviluppate nei luoghi nei quali preesistevano ritualità pagane e non è improbabile che il riferimento ai Robigalia romani si innesti su tradizioni più antiche. La presenza in loco di una fonte ferruginosa qualifica inoltre la zona come possibile luogo dedicato ad antiche cure (è noto come i druidi fossero abili erboristi e altrettanto abili medici e come molte fonti sacre fossero dedicate alla cure idropiche). Non sorprende, pertanto, che al Molinello potesse esserci un nemeton (santuario), ossia un insediamento dalla qualificazione cultuale e terapeutica.
Il Molinello |
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Il Molinello si presenta come una serie sovrapposta di terrazze contenute da muri di pietra. Lungo i muri si trovano pietre posizionate in modo tale da far pensare a tombe e a dolmen, mentre altre inducono a pensare alla presenza di menhir spezzati. Si potrebbe ipotizzare la presenza di un villaggio fortificato o di un castelliere, ma questi insediamenti di solito erano protetti alle spalle da rocce, in modo tale da lasciare vulnerabile, ma facilmente difendibile, solo la parte rivolta verso l’area pianeggiante del fondo valle. Alle spalle dei terrazzamenti, non sufficientemente ampi da far pensare ad uno sfruttamento agricolo, non ci sono rocce, ma pianori sui quali è evidente la presenza di cerchi megalitici. Non è possibile pensare che l’insieme delle pietre sia una semplice ganda. A questo proposito va notato che molte gande (cumuli informi di pietrame) sono presenti nei campi attorno al Molinello, in quanto servivano da deposito dei sassi che venivano tolti dai prati. Sulle gande veniva piantato (particolare interessante) il sambuco (Ruis nell’alfabeto arboreo). Il sambuco, che conserva i suoi frutti fino a dicembre avanzato, è associato alle streghe ed è anche l’albero del giorno del Giudizio. |
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Il suo mese va dal 25 novembre al 22 dicembre, giorno del solstizio invernale (del giudizio?). Il mese del sambuco è dunque quello della morte del sole e della sua rinascita. Il sambuco selvatico, Peith, è l’araldo di Ruis ed è associato al giunco. Inoltre, a sud-ovest del possibile centro e in basso, vicino alle attuali costruzioni adibite a stalla, ci sono pietre disposte in modo tale da far pensare ad un traguardo con il quale determinare gli allineamenti tra i megaliti dei cerchi e la volta celeste. Va notato, a proposito delle costruzioni murarie in pietra, che i Celti, come è stato dimostrato anche da recenti scavi archeologici, erano abili costruttori.
La fonte ferruginosa |
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A Nord-Ovest del Molinello si trova una fonte ferruginosa. Una serie di pietre orientate e nelle quali sono stati ricavati dei traguardi triangolari indicano un percorso sinusoidale che collega il Molinello alla fonte ferruginosa. All’incirca a metà percorso si trova un masso, chiaramente intagliato, la cui forma ricorda la testa di un serpente. Al di sotto della testa il masso mostra, evidente, un gradino di pietra. Considerate le sopravvivenze (leggende, festività) legate al serpente, non è da scartare l’idea che il masso a forma di testa di serpente possa essere un’ara posta a metà strada tra il cerchio megalitico e la fonte ferruginosa per scopi cultuali. |
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Il Dòs Merlin |
La possibile valenza cultuale del Molinello, della fonte ferruginosa e dell’Androla è avvalorata anche dalla presenza a Saviore del Dòs Merlin. Il Dòs Merlin, collocato tra la parrocchiale e il cimitero e oggi sfregiato dalla presenza di antenne radiofoniche, rivela la presenza di un cerchio megalitico. In proposito il Morandini scrive, tra l’altro, che ci fosse in loco un castello e che portasse il nome di “Merlino, né altro si ha dei suoi Castellani che il nome di un certo Merlilo. Quel che ci conserva la tradizione e che è verosimilmente nel contesto delle cose è che rimonta a lontanissimi tempi e che li Castellani erano i Signori e i Tiranni del paese e che tutto era subordinato a questi castelli e che sia per zelo di religione o per soverchia loro tirannia vennero distrutti; specialmente il Merlino che fu incenerito a furia di popolo coi suoi castellani, nell’incontro particolarmente di una processione, in cui i Pagani violarono e derubarono le cattoliche fanciulle” , ecc. ecc. Il Merlino era, per i Celti, il nome indicativo di un’alta carica druidica. La presenza di un Merlino a Saviore può indicare che la valle rivestiva, nel contesto camuno, un’importanza religiosa particolare.
Saviore |
Marta Loreschi comunica: ” A circa 1 Km da Saviore, sulla strada per Fabrezza, si trova un sentiero pietroso che scende a valle. Salendo a sinistra della strada in pochi passi si arriva ad un muraglione a secco con grosse pietre, che prosegue verso ovest, nord-ovest. Nella zona vicino al sentiero il muro sembra formare una specie di ellisse ( i due assi sono rispettivamente 10 e 7-8 m. circa), con due aperture in direzione est ovest. Il terreno è in leggera pendenza. Sulla stessa strada, prima di arrivare al “Plot della Campagna” (a una decina di minuti), dopo la fine della zona recintata con filo spinato, il sentiero piega verso est. A destra si nota un ammasso di rocce e vegetazione chiamato “Castello”. Sulla sommità si trovano resti di mura megalitiche, disposte a semicerchio. Nei lati da sud-ovest a nord le pietre sono franate o coperte da vegetazione. (Bollettino del Centro camuno di studi preistorici - 13-14 pag. 192).
Il recupero delle tradizioni |
Sin qui le brevi note relative ad un sito archeologico che andrebbe approfonditamente studiato. Non va tuttavia dimenticato che, oltre ai possibili sviluppi relativi all’indagine archeologica, rimangono di grande interesse anche i lavori di recupero delle tradizioni. Un esempio? “Usano di carnovale - scrive il Morandini - d’ogni anno in questi paesi quei cani notturni fatti sulle strade dalle donne attruppate dei filò, nei quali con antiche inintelleggibili frasi fanno voci di sopranino una cantando e l’altra a coro replicando come una cantilena, chiamata da noi le Voci e dai Savioresi i canti, tanto ridicoli per noi nel senso, quanto ammirabili nella dolcezza, nel metodo, nella semplicità e più nell’antichità dell’origine. Questi sono avanzi di quell’antiche costumanze o feste, forse baccanali del Paganesimo che dinota la semplicità e libertà e schiettezza di quei costumi”. Pietre disposte a dolmen in località Molinello.
Conclusioni |
Dalle visite fatte e dalle prime indagini svolte è ragionevole affermare che le località Androla e Molinello (potremmo aggiungere Dòs Merlin a Saviore) sono state luoghi dediti al culto e all’osservazione astronomica. E’ altresì ragionevole pensare che cerchi megalitici, dolmen e costruzioni in pietra siano da associare alle tradizioni relative al “serpente”, o “divin biscio”, che rappresentano le sopravvivenze di antichi culti relativi al Cernunno (dio Lug dei Celti), associato alla costellazione dell’Ofiuco. L’insieme dei luoghi visitati consente di dire che Cevo, con opportuni studi e appropriate indagini, può essere un luogo di notevole interesse archeologico ed antropologico.
Dott. Silvano Danesi (e.mail: info@silvanodanesi.org)
Dott. Domenico Scoppio
Hanno collaborato: Dott. Donatella Salvetti, Franca Leonardi, Dott. Paolo Maglio, Prof. Franco Rabbi (analisi metallurgiche), Prof. Stefano Segatori (analisi chimiche)
Brescia, 30 giugno 1999
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